Qualche riflessione sulla base del volume "Future Images"

Di Massimo Padelli

"Future Images" – A cura di Mario Cresci, Federico Motta Editore, Ottobre 2009, ISBN 978-88-7179-622-2

Cop Future-ImagesLa fotografia è Arte?
E' stato dibattuto per 170 anni e quando finalmente era ormai chiaro a tutti che lo fosse (anche solo per le quotazioni che certe opere fotografiche hanno strappato nelle grandi aste internazionali) oggi tanti illustri critici e fotografi non trovano di meglio che tentare di negarne non solo il diritto legittimo ad esserlo, ma anche addirittura il diritto di esistere quale specifico linguaggio.
"Future Images" è uno dei più interessanti libri sull'immagine editi negli ultimi anni.
Oltre cento autori presentati con un estratto dei loro lavori, commentati uno ad uno.
Un enorme lavoro curato da Mario Cresci, grande fotografo e critico, docente di Teoria e metodo della fotografia presso l'accademia di belle Arti di Brera a Milano.


Un lavoro in grado di dare una panoramica ampia sulle tendenze attuali.
Ma anche un lavoro in grado di stimolare spunti critici specialmente per alcune prese di posizione dello stesso Cresci, evidenziate nell'Introduzione da cui cito:
"Storicamente chiusa nella specificità del proprio linguaggio inteso come "attestazione, certificazione di veridicità del reale" tanto caro al dogma dell' attimo fuggente di Cartier-Bresson, la fotografia così intesa dava l'idea di essere una forma d'arte precaria e fortemente instabile, se pensata esclusivamente nella sua autoreferenzialità".

Come Bresson stesso ha spiegato e come testimoniato da John Szarkowski già da molto tempo quell'attimo fuggente, quel momento decisivo, non è stabilito in relazione ad un evento teso a rappresentare veridicità, bensì rappresenta il momento in cui quel flusso di forme e di schemi in evoluzione davanti al fotografo raggiungono il punto di equilibrio, una loro nitidezza, un loro ordine. Quindi il peso si sposta da una fraintesa quanto discutibile "poetica testimoniale" dell'immagine ad un equilibrio di aspetti formali.
"Autoreferenzialità": quanto viene abusato questo termine. La parola richiama connotazioni negative, l'idea di chiuso, di raggomitolato su se stesso.
Questo termine è sempre più usato per definire il linguaggio fotografico.
E se provassimo a cambiarlo, a sostituirlo ad esempio con "Peculiarità"? Ne daremmo una definizione analoga ma stavolta con connotazione positiva...un linguaggio che è una gemma rara...
Oppure possiamo essere distaccati, non dare inutili e banali giudizi di valore e definirlo un "linguaggio specifico", termine che richiama analisi, scientificità, un termine che non giudica ma definisce ed in ogni caso, rispetta.

Cresci ci dice che, dopo la biennale di Venezia del 1964 e l'esplosione della "pop art" (forse proprio questa ed i suoi rappresentanti, da Warhol a Rauschenberg un tantino "autoreferenziali" lo erano...), il concetto di "fotografia per fotografia" si allontanò decisamente dai suoi interessi.
Ne prendo atto, ma da questo ad affondare il linguaggio della fotografia, secondo il mio modestissimo parere, ce ne corre...

Per la comprensione del rapporto Arte-Fotografia, Cresci cita alcunii saggi di J. Baudrillard, J. Derrida, M. Foucault, S. Sontag, R. Barthes.
Dopo aver letto alcuni scritti degli autori citati, sia in prima lettura nei tempi lontani della mia tesi in Sociologia, sia in alcune riletture successive, mi sono sempre posto delle domande:
Perché chi si interessa di fotografia deve prendere sempre per base i concetti che sulla medesima esprimono persone che, tutto sommato, trattano principalmente di altro: Filosofi, Sociologi, Semiologi? Sono letture interessanti per carità, nessuno lo mette in dubbio ma bastano per costruire una teoria esauriente sulla fotografia? Bastano per imparare a conoscerla? Aiutano chi la pratica?
Si cita sempre Roland Barthes per il suo piccolo, interessante, acuto, saggio "La Camera Chiara". Per alcuni la sua lettura ha rappresentato una vera e propria illuminazione, eppure quanti fraintesi sento continuamente sui concetti di "punctum" di "studium", pronunciati da fotografi e critici in maniera assolutamente e personalmente interpretativa quando addirittura non "adattativa" al loro discorso.
Tutti i fotografi di qualche impegno che conosco citano Barthes, Freund, Sontag, Benjamin e quasi nessuno cita critici specifici e veramente illuminanti i cui scritti potrebbero veramente essere d'aiuto nell'interpretazione del linguaggio fotografico e quindi anche nel miglioramento del proprio approccio con la pratica fotografica quali, ad esempio, Jean Claude Lemagny o Robert Adams.
Forse perché con loro si parla di "fotografia" quindi si è "autoreferenziali" e quindi limitati?
Si parla di luce, di materia, di composizione, di masse, di limiti del campo inquadrato...e di cos'altro, oltre che della sua sensibilità personale, ha bisogno un fotografo che ha qualcosa da dire?...
Un paio di autori presenti nel volume:

Allen 1     Allen 2     Allen 3          
Il primo autore della raccolta è Thomas Allen il quale ci erudisce nella presentazione del suo lavoro, svelandoci il tipo di coltello che usa per tagliare e sgualcire le copertine di vecchi libri, dalle quali poi assembla i personaggi, in composizioni tridimensionali "liberandole dalle gabbie bidimensionali" che poi fotografa per la realizzazione di provocatorie stampe cromogeniche, ispirate alla lettura ed ai ricordi dell'infanzia. E' sicuramente un lavoro concettualmente interessante (forse un po' autoreferenziale...), in cui la fotografia è usata quale semplice mezzo di rappresentazione.

Bolin 1      Bolin 2     Bolin 3

Un altro autore che voglio citare è Liu Bolin. Il suo lavoro consiste nel mimetizzare se stesso nel paesaggio urbano, inserendo la sua figura , opportunamente dipinta con segni e toni analoghi allo sfondo, senza usare alcun trucco di fotografia digitale nelle sue immagini, con un effetto davvero sorprendente. In alcuni blog d'arte contemporanea è citato come una delle più interessanti novità nel panorama dell'arte contemporanea stessa, se non fosse...Cop Trans-Figurazione

...se non fosse che nel 1975 fu pubblicato anche in italia, per i tipi di Mondadori il volume Trans-figurazione con prefazione di Susan Sontag, in cui l'artista tedesco Holger Trulzsch, presentava una serie di fotografie nelle quali la modella Vera Lehndorff (In arte Veruschka) veniva dipinta e perfettamente mimetizzata nello sfondo, con un effetto davvero impressionante e, secondo me, notevolmente più efficace rispetto al lavoro di Bolin.
....attenzione, l'aggettivo "nuovo", deve essere maneggiato con cura...
Ci sono fior di lavori in questo volume che davvero considero una delle cose più interessanti pubblicate negli ultimi anni.
Fior di lavori che ho voluto sottoporre ad un piccolo test: li ho mostrati ad un gruppo di amici chiedendo loro di scegliere quelli che reputavano migliori.
Le persone coinvolte avevano un'età tra i 20 ed i 65, una cultura che spaziava dalla maturità alla laurea in varie discipline ed erano tutti accomunati da passione per l'arte ed in particolare per la fotografia.

transfigurazione 3transfigurazione 4transfigurazione 6
Senza alcuna pretesa di scientificità ho rilevato che ci sono state buone convergenze e, guarda caso proprio su quei lavori in cui predominava il linguaggio fotografico specifico.

Casualità? Scarsa cultura? Atteggiamento non aperto? Non credo.

Non si può essere, né voler essere tutti avanguardie.
I rischi di una spinta in questo senso (e questa è responsabilità di critici e galleristi) sono connessi al fatto di voler promuovere solo ciò che appare "strano", "diverso", "nuovista", cancellando o al massimo relegando alla memoria le precedenti esperienze.
E questo, specialmente nell'era della fotografia digitale, non è scevro da pericoli.
In fotografia, analogica o digitale che sia, esistono tematiche capaci di rigenerarsi in virtù di quelle variazioni che il passare del tempo, i movimenti dell'uomo, le tracce di ciò che scompare e di ciò che sta per nascere, in altre parole, in virtù della dinamica del nostro mondo, fornendo al fotografo spunti senza fine.

Il linguaggio fotografico può certamente essere usato in commistione ibrida con altre forme espressive (artisti come ad esempio Paolo Gioli o Jan Saudek lo fanno da decenni), ma non vedo alcun motivo, di volerne negare le possibilità specifiche.
Questa è autoreferenzialità?
La fotografia è Arte?
Non lo so per certo, ma so per certo che oggi la fotografia corre dei seri rischi.

...La fotografia è ritiro, ricezione, accettazione, rifiuto di collegare le cose con luoghi comuni...

...E l'estetica è al centro della condizione umana, perché essa è chiamata a riconoscere le differenti forme di tensione che animano le opere, e non soltanto le loro armonie decorative. La tensione che si manifesta particolarmente nella fotografia è la tensione tra materia e luce. In effetti la fotografia è l'arte dove questi due aspetti del reale si manifestano non più per imitazione e finzione ma in diretta, per contatto. Tra la facoltà di registrare le più piccole deviazioni, delineamenti e granuli di materia, le sue più leggere rugosità, e la facoltà di riflettere la luce stessa, di entrare nella sua trasparenza, s'instaura una tensione fondamentale da il cui il fotografo creatore non deve separarsi.
E qui le opere più belle sono quelle che elevano questa tensione più in alto.
... La materia vuole durare, la luce vuole salvarsi. I loro incontro è il primo soggetto di ogni fotografia...
...Altre tensioni, tra l'ombra e la luce, tra i pieni, i vuoti e le dissolvenze, la fanno anche. Ma quella fra la materia e la luce costituisce la natura della fotografia...
Jean-Claude Lemagny